Skip to main content

Non dubitare, Lui è qui

  • a calendario: OFF
  • Citazione: «E vogliate offrire al Signore tanto onore in mezzo al popolo a voi affidato, che ogni sera si annunci, mediante un banditore o qualche altro segno, che all’onnipotente Signore Iddio siano rese lodi e grazie da tutto il popolo» (Lrp 7: FF 213).
  • PdD: Mc 13,33-37
  • In Bacheca: ON
  • Giorno: I Domenica di Avvento (anno B)

Il tempo di Avvento, che inizia con questa domenica, è considerato un “tempo liturgico forte” caratterizzato dal richiamo a vigilare e a prepararsi pregando e operando perché «il Signore viene». Potrebbe sorprendere che la  Venuta non si riferisca al Natale (caso mai solamente gli ultimi giorni, la così detta novena nata in ambiente fortemente devozionistico). Infatti l’Avvento è un tempo indipendente, che solo successivamente fu accostato al Natale. In continuità con la fine dell’Anno liturgico precedente è questo un tempo di attesa della parusia, ossia della venuta ultima del Signore ma anche delle sue, così dette, venute intermedie.  Un nome rivelatorio del Signore è «ho Erchómenos», «il Veniente», «Colui che viene», «Colui che si fa presente» sempre e in molti modi.

Il vangelo della I domenica di Avvento si trova a conclusione del discorso escatologico del testo di Marco (Mc 13,1-37) che riguarda la Venuta ultima del Signore. Inserito nella liturgia di questa domenica, diventa un esortazione insistente del Signore ad avere la ferma coscienza che di fronte alla sua Venuta i fedeli debbono vigilare con costanza e perseveranza, perché non conoscendo il giorno e l’ora potrebbero essere trovati “distratti”.

33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento.

L’espressione «Fate attenzione» viene ripetuta quattro volte all’interno del discorso escatologico di Marco, questa è l’ultima ricorrenza e solo qui viene accostato a «vegliare», agrypneite (lett. scacciare il sonno). Quindi l’esortazione a fare attenzioneè nella direzione del vegliare, del restare svegli. L’idea del dover vegliare è contenuta anche al centro e al termine del brano evangelico (vv. 35.37). Possiamo dire che la cornice del testo è costituita da quest’unico appello: non dormire, ma anche e soprattutto essere vigili, svegli, pronti. Ormai c’è una sola cosa che conta veramente: egli viene. L’intensità del richiamo è motivata dal fatto che non si conosce il momento.

34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.

Al versetto 34 si trova la parabola propriamente detta. L’inizio è simile alle parabole dei talenti ascoltata due domeniche fa (cfr Mt 25,14-30 - XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, anno A), ma esprime un concetto differente, quello di stare sempre in guardia, anziché quello di usare i propri talenti con profitto.

Il racconto dice che un uomo, prima di partire, ha dato un potere ai suoi servi per poi specificare un ordine particolare, quello di vegliare, ad un servo particolare, il portiere. È chiaro che l’uomo che se ne va è Gesù; la casa che lascia è la comunità; i servi sono i suoi discepoli, ognuno con il proprio compito nella comunità; il portiere ha chiaramente un ruolo più rilevante rispetto agli altri (cfr. Gv 10,3, «Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori»). Quindi il portiere ha un ruolo di leadership all’interno della comunità che deve esercitare vegliando e mantenendo sveglia l’attenzione di tutti per il ritorno del Signore. Nel testo, non è chiaro chi rappresenti la figura del portiere. Potrebbe essere Pietro? Oppure i quattro presi in disparte in 13,1 (Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea) per rivolgere loro questo discorso?

In ogni caso, alla fine del brano la raccomandazione viene estesa a tutti: «Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!» (v. 37). Allora il compito di vegliare è affidato a tutti noi. Rendendoci conto che come dobbiamo vigilare sulla nostra vita, dobbiamo anche vegliare sulla comunità che ci è affidata. A questo punto potremmo pensare, estendendo la comunità ai fratelli e sorelle tutti, a tutta l’umanità amata da Dio, ma ancora, alla sua creazione, che il compito del portiere  affidato a tutti noi discepoli e discepole di Gesù è quello di destare il mondo. Un testo bellissimo, risalente al termine del II secolo d.C., la  Lettera a Diogneto, presenta i cristiani come l’anima del mondo. Intendendo dire che i cristiani sono un elemento essenziale e vitale per la società e il mondo in generale. I discepoli di Gesù dovrebbero essere una forza positiva nella società, influenzando gli altri con la loro condotta, le loro azioni e la loro fede. Dovrebbero essere un punto di riferimento, diffondendo valori di altruismo, perdono e amore anche in mezzo alle difficoltà e alle persecuzioni. Ripetendo le parole di Gesù riportate da Matteo: i cristiani devono essere sale della terra e luce del mondo (Mt 5,13-16).

Questo discorso di Gesù ha origine da due domande dei discepoli preoccupati per la distruzione del Tempio e la fine del mondo (13,1-4). La risposta di Gesù introduce un terzo elemento: la venuta nella gloria del Figlio dell’uomo. Tutto il resto passerà in secondo piano. Ecco l’importanza di vegliare, di stare attenti. Di non disperdersi, non solo in distrazioni ma anche nelle paure che giungono anch’esse lungo la notte. È significativo che poco dopo questo invito accalorato a non addormentarsi nella notte, i discepoli saranno sorpresi, per ben due volte, addormentati nella veglia del Getsemani (14,37.40).

Noi non dovremmo dubitare del ritorno del padrone. Il Signore è già tornato, ha squarciato i cieli ed è sceso nella storia (cfr. Is 63,19). Noi sappiamo che ogni chiusura tra la nostra realtà e Dio è stata infranta. Il nostro mondo è ormai abitato dallo Spirito.

Essere vigilanti significa essere animati da una speranza certa, riconoscere tutto ciò che porta significazione di Dio

Va' sicura... hai buona scorta

  • a calendario: OFF
  • Citazione: Volgendosi poi a se stessa, la vergine santissima parla silenziosamente alla sua anima: «Va’ sicura - le dice - perché hai buona scorta, nel viaggio. Va’, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore». «E tu, Signore - soggiunge - sii benedetto, che mi hai creata». Interrogandola una delle sorelle a chi stesse parlando, rispose: “Io parlo all’anima mia benedetta ». E ormai quella gloriosa scorta non era molto lontana. Volgendosi infatti a una figlia, le domanda: «Vedi tu il Re della gloria, che io vedo, o figlia?» (LegsC 29: FF 3252).
  • PdD: Mt 25,1-13
  • In Bacheca: ON
  • Giorno: XXXII Domenica del Tempo Ordinario (anno A)

(Mt 25,1-13)

Con il vangelo della 32° domenica del tempo ordinario (anno A), ci avviciniamo rapidamente non solo alla parte conclusiva del Vangelo di Matteo, ma anche dell'anno liturgico. Ci troviamo in quella parte del testo di Matteo che va da 24,36 a 25,30 che tratta dell' attesa escatologica (escatologia è il discorso sulle cose ultime dell'uomo e della storia). In questa sezione abbiamo tre parabole relative alla "venuta del figlio dell'uomo"; il brano che stiamo affrontando presenta la seconda, mentre la terza parabola l’ascolteremo nella 33° domenica. L'idea alla base è invitare a stare sempre pronti, poiché nessuno sa quando il figlio dell'uomo verrà.

Queste parabole sono brani che possiamo classificare delle "due vie", presentano due soli modi di condurre la vita, nel tempo che precede il ritorno: uno giusto e uno sbagliato, uno saggio e uno stolto. Il modo con cui si è vissuto il tempo presente determinerà anche quello futuro.

Presentandoci dieci damigelle d'onore che vanno a una cerimonia di nozze, ci si potrebbe aspettare un atmosfera di gioia, di allegria, eppure non troviamo descritte né danze né canti. Lo scopo di questa parabola, è, come detto, quello di esortarci alla prudenza in vista dell’ultima venuta di Cristo e del giudizio affinché non venga meno la nostra fedeltà, mettendo in conto che questa attesa potrebbe essere lunga.

Il numero dieci delle vergini, sta ad indicare la totalità, enumera quindi tutte le anime cristiane chiamate all’incontro con l’unico sposo. Ma direi tutta l’umanità creata da Dio per unirsi a lui.

Il corteo delle vergini è composto da cinque stolte e da cinque sagge. Il termine μωραὶ (mōrai)si traduce “folli”, ossia non sanno vivere, mentre φρόνιμοι (phronimoi), alla lettera si tradurrebbe con intelligenti, sagge, prudenti, attente ai propri interessi, sagge, quindi sanno vivere. Tutte però convivono insieme. La stoltezza o la sapienza non sono da misurarsi sul piano della moralità, infatti si addormentano tutte. Ciò che divide i due gruppi è l’olio nei vasi, che qui simboleggia la perseveranza, poiché con esso le lampade potranno rimanere accese durante la lunga veglia fino all’arrivo dello sposo.

Non basta essere invitati al banchetto del regno e non basta accendere la lampada bisogna essere sapienti nel procurarsi il “combustibile” per mantenere accesa la fiamma. Come a dire che non possono essere sufficienti delle singole scelte nella vita, anche se grandi, ma occorre coltivare gli atteggiamenti anche nelle semplici situazioni della vita. Ma oltre a questo vi è anche un altro significato.

Occorre precisare che le lampade non sono quelle che forse immaginiamo. Il termine usato indica delle torce ossia dei bastoni con, ad una estremità, delle strisce di stoffa imbevute di olio. È suggestivo che le lampade non si devono riempire di olio ma unte, tutt’al più intrise. Cosa rappresenta l’olio? In tutta la sacra scrittura troviamo molte volte l’olio. Con l’olio venivano unti i Re e i Sacerdoti (ancora oggi). L’olio è segno di ospitalità, di intimità «Tu cospargi di olio il mio capo» Sal (23,5). L’olio è segno di gioia, bellezza, fraternità: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! È come olio profumato sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste» (Sal 133,2). Ma l’olio è anche segno di misericordia è versato (assieme al vino) dal buon Samaritano sulle ferite dell’uomo ferito e abbandonato lungo la strada. Molto bello questo ultimo significato, pur essendo corretti anche i precedenti. Di quest’olio possiamo farne rifornimento innanzitutto proprio nell’esperienza della misericordia ricevuta. Allora, i vasetti di olio da portare con sé non sono solamente le opere buone e giuste, la perseveranza, è anche la speranza intesa non semplicemente come una visione ottimistica della vita. 

Avviene nel racconto della parabola un imprevisto: lo sposo tarda ed è ciò che costituisce l’incidente di percorso dell’episodio. In realtà il motivo di quello che ho appena chiamato "incidente" non è il ritardo dello sposo ma l'aspettativa delle giovani che si attendevano un ritorno rapido.

Come già notato prima le dieci ragazze si addormentano tutte, senza eccezioni: non è questo il dramma, perché la parusia, la venuta di Gesù alla fine dei tempi, coglierà tutti di sorpresa. Il termine che viene utilizzato per il loro sonno è quello che indica la morte che non dura per sempre ma da cui si è «risvegliati» come da un pacifico sonno. 

A mezzanotte, cioè quando la notte è giunta alla sua metà e già si apre sul giorno «si levò un grido: Ecco lo Sposo, andategli incontro». Il ritardo si è azzerato. Tutte le vergini si destarono, viene utilizzato un verbo che indica la risurrezione ed è a questa risurrezione che avviene la separazione delle vergini sapienti dalle stolte.

Alla richiesta di soccorso delle vergini rimaste senza olio e che ne domandano alle altre cinque, la risposta delle sagge è No! Questa risposta può sconcertare, sembra in contrasto con la legge fondamentale del vangelo che è l’amore. Ma la risposta non poteva essere diversa. Non è solo questione di temere di restare senza anche loro: quest’olio non si può comunicare l’un l’altro e non ci sono negozi dove si può comprare. È un olio che dobbiamo accumulare lungo la vita e che – come detto prima - lo si recupera nei momenti belli, per mezzo della perseveranza, ma anche, e soprattutto, nell’esperienza della misericordia ricevuta.