Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo
fr. Enzo
Gv 3,14-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Era di notte e c’era il vento, quando andai da Gesù, animato da buone intenzioni, ma anche compiaciuto della mia posizione di maestro nella legge e convinto di discutere alla pari con il mio interlocutore. Invece lasciai quella casa accogliente con tutte le mie pretese sicurezze messe in discussione: ripensavo a quanto m’aveva detto sulla necessità che egli fosse innalzato, aveva chiarito il perché, ma non il come e il dove. Questo l’avrei scoperto solo in seguito, quando andai con Giuseppe d’Arimatea al sepolcro del Maestro: era la croce il mezzo e il luogo del suo innalzamento! Novità sconvolgente, che capovolgeva tutte le mie aspettative: eppure era quello che mi ero sentito dire quella notte, di dover rinascere dall’alto donde egli è venuto donato dall’amore del Padre, di fissare lo sguardo del cuore là dove egli è innalzato. Voleva farmi comprendere che la sua morte non sarebbe stata una sconfitta obbrobriosa, ma la vittoria di un Dio che non si rassegna alla perdita di quanti ha creato. Dalla sua croce sarebbe discesa la vita nuova nello Spirito: quella dovevo abbracciare, per intravedere, al di là delle tenebre del male e della morte, l’amore senza limiti di Dio. Cominciavo a capire che quel morto crocifisso che stavamo ungendo col balsamo non poteva essere la fine di tutto: qualcosa stava per succedere…
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