Catechesi Quaresima 2024
Il profetismo in Israele affonda le sue radici in un passato remoto. Il profeta è colui che Dio sceglie per trasmettere un messaggio al popolo, ai suoi dignitari e al re. Sebbene la profezia non sia un'istituzione esclusiva d'Israele, il profetismo biblico si distingue per la sua storicità e l'ampiezza dei temi trattati. Il profeta non solo annuncia, ma spiega ai suoi contemporanei il significato della storia del popolo, così come Dio la governa.
Il profeta Geremia, assieme ad Ezechiele e Isaia, è considerato tra i profeti maggiori, e come loro esercita il suo ministero profetico nel periodo più drammatico, ma al tempo stesso più istruttivo, per il popolo di Israele.
Geremia 29,1-14
1 Queste sono le parole della lettera che il profeta Geremia mandò da Gerusalemme al resto degli anziani in esilio, ai sacerdoti, ai profeti e a tutto il popolo che Nabucodònosor aveva deportato da Gerusalemme a Babilonia; 2la mandò dopo che il re Ieconia, la regina madre, i dignitari di corte, i capi di Giuda e di Gerusalemme, gli artigiani e i fabbri erano partiti da Gerusalemme. 3Fu recata per mezzo di Elasà, figlio di Safan, e di Ghemaria, figlio di Chelkia, che Sedecìa, re di Giuda, aveva inviati a Nabucodònosor, re di Babilonia, a Babilonia. Essa diceva:
4«Così dice il Signore degli eserciti, Dio d'Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia: 5Costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti; 6prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie, e costoro abbiano figlie e figli. Lì moltiplicatevi e non diminuite. 7Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare, e pregate per esso il Signore, perché dal benessere suo dipende il vostro.
8Così dice il Signore degli eserciti, Dio d'Israele: Non vi traggano in errore i profeti che sono in mezzo a voi e i vostri indovini; non date retta ai sogni che essi sognano, 9perché falsamente profetizzano nel mio nome: io non li ho inviati. Oracolo del Signore. 10Pertanto così dice il Signore: Quando saranno compiuti a Babilonia settant'anni, vi visiterò e realizzerò la mia buona promessa di ricondurvi in questo luogo. 11Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo - oracolo del Signore -, progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza. 12Voi mi invocherete e ricorrerete a me e io vi esaudirò. 13Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore; 14mi lascerò trovare da voi. Oracolo del Signore. Cambierò in meglio la vostra sorte e vi radunerò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho disperso. Oracolo del Signore. Vi ricondurrò nel luogo da dove vi ho fatto deportare.
La situazione storica
Ci troviamo nell’anno 597 a. C., Gerusalemme è stata conquistata dai babilonesi e una parte del popolo di Giuda è deportata in esilio, tra loro ci sono il re Ieconia, la regina madre, funzionari di corte, artigiani e altri (2 Re 24, 8-17). Le armate di Nabucodonosor, re di Babilonia sembrano invincibili, assorbendo una nazione dopo l’altra. Un secondo gruppo di esuli, ancora più grande, partirà per Babilonia undici anni più tardi, nel 586, dopo una rivolta che si concluderà nel brutale assedio di Gerusalemme e la distruzione del tempio, così come gran parte della città (2 Re 25, 1-21). A Gerusalemme, per volere del re babilonese è stato posto sul trono Sedecia, dopo essere stato sottoposto ad un giuramento di vassallaggio. Tuttavia, Sedecia si lasciò influenzare dalla politica dei piccoli regni occidentali che desideravano liberarsi dal dominio babilonese. Geremia non approvava questa politica e si rivolse al re, agli ambasciatori e ai sacerdoti, esortandoli a non alimentare facili illusioni e a non attizzare la ribellione, poiché ciò avrebbe portato a una violenta reazione da parte di Babilonia.
La lettera agli esiliati
Geremia raccomandò la sottomissione e l'accettazione del giogo del vassallaggio come unica via per la sopravvivenza, poiché nel piano di Dio era l'ora di Nabucodonosor e accettare il servizio al Signore significava anche accettare il vassallaggio verso Babilonia. L'esortazione di Geremia non si rivolgeva solo ai compatrioti, ma coinvolgeva anche i deportati dell'anno 597, affinché non si lasciassero sedurre da facili illusioni ma riconoscessero il dominio di Babilonia come parte del piano divino. Tra i deportati vi erano anche falsi profeti che alimentavano speranze di un ritorno imminente in patria, portando gli esuli a disinteressarsi dei valori della vita quotidiana. Geremia cercò di correggere questa mentalità, invitando gli esuli a integrarsi nella società babilonese e a costruire una vita stabile e prospera, riconoscendo il tempo e il luogo in cui si trovavano come parte del piano divino.
Il capitolo 29 del libro del profeta Geremia, è la lettera che, verosimilmente, fu inviata da una delegazione mandata a Babilonia.
Vivere bene in terra di esilio
Geremia non invita il popolo a chiudersi in un'attitudine di nostalgia e passività. Al contrario, li incoraggia a costruire case, piantare orti, sposarsi e avere figli. È un invito a vivere responsabilmente nella terra straniera, integrandosi nella società e contribuendo al suo benessere.
5Costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti; 6prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie, e costoro abbiano figlie e figli. Lì moltiplicatevi e non diminuite. 7Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare, e pregate per esso il Signore, perché dal benessere suo dipende il vostro.
Possiamo ben immaginare l’espressione stupita degli esuli quando la lettera viene letta loro ad alta voce. Secondo Geremia, non solo Dio ha detto loro che devono accettare di vivere tra i loro nemici, ma dovevano anche cercare la prosperità di Babilonia e pregare per questo! Coloro che mantenevano la speranza di un futuro tra gli esuli pregavano certamente per Gerusalemme, non per Babilonia.
Non fatevi ingannare dai cosiddetti profeti che tra voi promettono un rapido ritorno a Gerusalemme, continua la lettera. Nessuna nazione straniera verrà ora in vostro soccorso. Non nutrite false speranze. Ci vorranno settant’anni prima che un ritorno sia possibile. Piuttosto che una previsione precisa, la cifra è probabilmente da intendersi come simbolica, perché il numero settanta è spesso menzionato nella Bibbia come la durata di una vita piena. Ciò significa che coloro che ritorneranno non saranno gli stessi che sono stati portati in cattività. Il ruolo degli esuli sarà quello di preparare un futuro per gli altri. Eppure, Dio parla al loro cuore e vuole rassicurarli circa le sue intenzioni:
11Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo - oracolo del Signore -, progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di spranza.
Un nuovo incontro con Dio
L'esilio diventa un'occasione per conoscere Dio in modo nuovo. La fede si sposta dal tempio e da Gerusalemme alla presenza di Dio in ogni luogo.
Circa il ritorno a Gerusalemme non sarà, non potrà essere, un semplice ritorno al passato. Gli antichi valori religiosi, ai quali Israele dava molta importanza - come il tempio, Gerusalemme, la dinastia di Davide - non bastano più. Bisogna andare più in là. Il ritorno avverrà solo attraverso un cambiamento importante. Una lettura attenta del brano mostra, ci fa capire, da dove verrà il cambiamento.
13Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore; 14mi lascerò trovare da voi. Oracolo del Signore. Cambierò in meglio la vostra sorte
Quello che conta è di offrire al Signore il proprio cuore, completamente. È nella conversione del cuore che si può ritrovare il Signore: non è sufficiente la circoncisione della carne, occorre la circoncisione del cuore (9, 24-25). Dio non è prigioniero di un territorio, di una struttura, di una pratica religiosa. Lo si può trovare dovunque, a condizione però che si scenda nel profondo del proprio cuore. La conversione di cui parla Geremia non è una semplice sottomissione esteriore alle esigenze di Dio. Non è neppure, semplicemente, un'adesione sincera a una dottrina e a delle pratiche puntualmente compiute. È una trasformazione profonda, di tutto il proprio essere: un donarsi al Signore senza riserve.
Il nuovo futuro di speranza sarà quello reso possibile da un cuore nuovo e indiviso (cfr. 24,5-7). Per tutta la vita, Geremia aveva visto da vicino fino a che punto degli inviti a seguire la volontà di Dio fossero inadeguati.
23Lo so, Signore: l'uomo non è padrone della sua via, chi cammina non è in grado di dirigere i suoi passi. (Ger 10,23)
Dio stesso dovrà cambiare i nostri cuori. Nel capitolo 31, versetti 31-34, Geremia parla di una “nuova alleanza”, un tempo in cui il popolo sarà in grado di compiere la volontà di Dio, perché sarà scritta direttamente sul cuore.
31Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore -, nei quali con la casa d'Israele e con la casa di Giuda concluderò un'alleanza nuova. 32Non sarà come l'alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. 33Questa sarà l'alleanza che concluderò con la casa d'Israele dopo quei giorni - oracolo del Signore -: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. 34Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato». (Ger 31,31-34)
Geremia sa molto bene che questa conversione del cuore è impossibile all'uomo. E per questo è un miracolo che solo Dio può compiere:
«Guariscimi, Signore, e guarirò, salvami e sarò salvato, poiché tu sei il mio vanto». (Ger 17, 14)
È un miracolo che si può sperare, perché non si tratta, questa volta, di sperare che Dio salvi - sia pure in extremis – il tempio e la nazione, e che tutto continui come prima. È il contrario: è l'uomo che si vuole lasciarsi modellare da Dio e accetta di essere condotto dovunque il Signore voglia.
Coloro che accettano di convertirsi possono guardare al futuro con speranza:
«Darò loro un cuore capace di conoscermi, perché io sono il Signore; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio, se ritorneranno a me con tutto il cuore». (Ger 24, 7; cf 33 , 14-16)
«Ecco, io sono il Signore, Dio di ogni essere vivente; c'è forse qualcosa di impossibile per me?» (Ger 32, 27)
Cinque secoli più tardi, i primi cristiani si ricorderanno questa visione quando, pieni di meraviglia, mediteranno sulla vita di Cristo e la nuova strada che apre davanti a loro.
17 Marzo
Portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo (2Cor 4,10).